"Scrivere è sempre nascondere qualcosa in modo che venga poi scoperto" (Calvino)
“Ho poche tue notizie recenti, ma se stai bene è tutto!”. Così mi scrive qualcuno in occasione dello scambio di auguri di fine anno. È qualcuno di cui ho stima ed è, anche, una persona verso cui mi sento in imbarazzo. So di non essermi comportata bene. Mi ha dedicato molto del suo tempo, anni fa, leggendo cose mie, incontrandomi per dirmi cosa ne pensava, consigliandomi. È stata la volta in cui sono andata più vicina a scrivere qualcosa di lungo (un romanzo…), la volta in cui sono arrivata quasi a crederci. Quasi. Il quasi che frega, perché poi sono ricaduta nel pozzo dei tentennamenti, delle revisioni, del mettere da parte per far decantare… Che madornale scemenza. Forse questa cosa funziona per qualcun altro, per me è una trappola. Quel che scrivo, ammesso che sia buono, non è un vino. Messo in cantina, non acquista carattere bensì lo perde rapidamente. Le parole – quelle ancora in bozza, intendo, quelle non pubblicate, non benedette dalla mano sconosciuta di uno sconosciuto lettore, le parole sospese – invecchiano con una velocità crudele, mandarini dimenticati nel cestino della frutta.
Ho commesso l’errore, ed è marcito tutto. Ho messo da parte, tradendo sia il mio lavoro – buono o cattivo che fosse – sia la cortesia che mi era stata fatta, il tempo che mi era stato dedicato.
Ho poche notizie recenti, mi dice. È vero, sono scomparsa da Facebook (e altri social non ne uso), non ci pubblico niente da mesi. Non scrivo sul Ponte rosso, non partecipo a iniziative poetiche, incontri, nulla.
Ma se stai bene è tutto, mi dice. E io trascorro il primo di gennaio a chiedermi se sia vero. È vero che basti stare bene? E cosa vuol dire “stare bene”? Stare bene fisicamente, non avere malanni seri? Vuol dire amare e sentirsi riamati? (È così, grazie a Dio). Vuol dire essere sereni, senza pensieri, senza preoccupazioni? (Non è così ma sono forte abbastanza).
Se dicessi che non sto bene perché non scrivo, vi verrebbe da ridere. Innanzitutto mi chiedereste chi cavolo credo di essere, una scrittrice forse?! Poi mi chiedereste come può mancarmi così tanto una cosa che mi ha dato poche soddisfazioni e mai nessun profitto. E io non troverei una risposta arguta, perché in un mondo che ragiona con queste misure – successo e soldi – io non so dare risposte.
Eppure è proprio così, stare bene vuol dire – anche – riuscire a darsi il tempo per essere ciò che si è. Io sono questo, sono una persona che scrive. Scrivo anche quando non scrivo, scrivo quando mi lavo la faccia, quando apparecchio la tavola, quando stendo il bucato, quando stringo la spugnetta per i piatti e vedo la schiuma uscirmi dal pugno. Scrivo mentre cammino. Scrivo quando fotografo, un ramo, un sasso, una figura in silhouette dentro la nebbia, i mandarini ammuffiti. Le mie fotografie non sono belle e non sono mai fotografie: sono appunti. Scrivo sempre, dentro di me. È la sola cosa che mi salva, e mi salva perché mi definisce. È la matita che disegna il mio perimetro.
Ma accidenti, vorrei anche scrivere davvero, mettere giù le parole che ho in testa. Ho bisogno del suono e dell’odore della carta che esce dalla stampante.
Sto bene, dunque? No, non sto bene. Nulla di grave, ma non sto bene. Passano gli anni (a capodanno si avverte di più la loro corsa disperata) e mi irrita tutto questo tempo sprecato senza fare la cosa di cui mi importa di più. Oggi ad esempio il tempo scavato è bastato solo a scrivere questo, una specie di lamentazione patetica.
Ma oggi – adesso mi ricordo – è anche lunedì… E il lunedì mi fa tornare alla memoria i miei “50mm del lunedì”. Può essere lo stimolo, la guarigione? Cose brevi, come breve è il tempo che potrò impegnare. Ma proviamoci, per l’ennesima volta, l’ennesima promessa dell’ennesimo anno: “tutti i lunedì, tutti i lunedì scriverò qualcosa, almeno un poco, almeno qui…”.
è molto bello quello che qui scrivi quindi… scrivi!!!Inviato dal mio Galaxy
Almeno in una cosa piccola, quest’anno sarà migliore del 2022. Non ci voleva molto per questo, è vero, ma poterti leggere mi fa felice.